Page 1185 - Giorgio Vasari
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come si è detto, finalmente al tempo di Clemente, non avendo prima
               fatto  mai  pur  un  minimo  segno  di  rovina,  s'aperse  l'anno  1526  di
               maniera che non solamente erano in pericolo gl'archi della tribuna,
               ma  tutta  la  chiesa  in  molti  luoghi,  per  essere  stato  il  fondamento
               debole  e  poco  adentro.  Per  che,  essendo  da  detto  papa  Clemente

               mandato  Antonio  a  riparare  a  tanto  disordine,  giunto  che  egli  fu  a
               Loreto,  puntellando  gl'archi  et  armando  il  tutto  con  animo
               risolutissimo e di giudizioso architetto, la rifondò tutta. E ringrossando

               le mura et i pilastri fuori e dentro, gli diede bella forma del tutto, e
               nella proporzione de' membri, e la fece gagliarda da poter reggere
               ogni  gran  peso,  continuando  un  medesimo  ordine  nelle  crocere  e
               navate  della  chiesa,  con  superbe  modanature  d'architravi  sopra
               gl'archi,  fregi  e  cornicioni.  E  rendé  sopramodo  bello  e  ben  fatto

               l'imbasamento de' quattro pilastri grandi, che vanno intorno all'otto
               facce  della  tribuna,  che  reggono  i  quattro  archi:  cioè  i  tre  delle
               crocere,  dove  sono  le  cappelle,  e  quello  maggiore  della  nave  del

               mezzo.  La  quale  opera  merita  certo  di  essere  celebrata  per  la
               migliore  che  Antonio  facesse  già  mai,  e  non  senza  ragionevole
               cagione: perciò che coloro che fanno di nuovo alcun'opera o la levano
               dai fondamenti hanno facultà di potere alzarsi, abbassarsi e condurla
               a quella perfezzione che vogliono e fanno migliore, senza essere da

               alcuna  cosa  impediti;  il  che  non  aviene  a  chi  ha  da  regolare  o
               restaurare le cose cominciate da altri, e mal condotte o dall'artefice o
               dagl'avenimenti  della  fortuna,  onde  si  può  dire  che  Antonio

               risuscitasse un morto e facesse quello che quasi non era possibile. E
               fatte queste cose, ordinò ch'ella si coprisse di piombo, e diede ordine
               come  si  avesse  a  condurre  quello  che  restava  da  farsi,  e  così  per
               opera di lui ebbe quel famoso tempio miglior forma e miglior grazia
               che prima non aveva, e speranza di lunghissima vita.

               Tornato poi a Roma, dopo che quella città era stata messa a sacco,

               avendosi  il  papa  in  Orvieto,  vi  pativa  la  corte  grandissimo  disagio
               d'acqua. Onde, come volle il Pontefice, murò Antonio un pozzo tutto
               di  pietra  in  quella  città,  largo  venticinque  braccia,  con  due  scale  a
               chiocciola intagliate nel tufo, l'una sopra l'altra, secondo che il pozzo

               girava; nel fondo del qual pozzo si scende, per le dette due scale a
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