Page 1106 - Giorgio Vasari
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andando  il  Marchese  a  vedere  lavorare  Francesco  mentre  faceva
               quest'opera  (come  spesso  era  usato  di  fare),  che  gli  disse:
               "Francesco, se' si vuole in fare questo Santo pigliare l'essempio da un
               bel  corpo".  A  che  rispondendo  Francesco:  "Io  vo  immitando  un
               fachino,  di  bella  persona,  il  qual  lego  a  mio  modo  per  fare  l'opera

               naturale".  Soggiunse  il  Marchese:  "Le  membra  di  questo  tuo  Santo
               non somigliano il vero, perché non mostrano essere tirate per forza,
               né quel timore che si deve imaginare in un uomo legato e saettato;

               ma dove tu voglia mi dà il cuore di mostrarti quello che tu dei fare,
               per compimento di questa figura". "Anzi ve ne prego, signore", disse
               Francesco,  et  egli:  "Come  tu  abbi  qui  il  tuo  fachino  legato,  fammi
               chiamare, et io ti mostrerò quello che tu dei fare". Quando dunque
               ebbe il seguente giorno legato Francesco il fachino in quella maniera

               che  lo  volle,  fece  chiamare  segretamente  il  Marchese,  non  però
               sapendo  quello  che  avesse  in  animo  di  fare.  Il  Marchese  dunque
               uscito d'una stanza, tutto infuriato con una balestra carica corse alla

               volta del fachino, gridando ad alta voce: "Traditore, tu se' morto, io
               t'ho pur colto dove io voleva", et altre simili parole; le quali udendo il
               cattivello fachino, e tenendosi morto, nel volere rompere le funi con
               le  quali  era  legato,  nell'aggravarsi  sopra  quelle  e  tutto  essendo
               sbigottito,  rappresentò  veramente  uno  che  avesse  ad  essere

               saettato,  mostrando  nel  viso  il  timore  e  l'orrore  della  morte,  nelle
               membra  stiracchiate  e  storte  per  cercar  di  fuggire  il  pericolo.  Ciò
               fatto,  disse  il  Marchese  a  Francesco:  "Eccolo  acconcio  come  ha  da

               stare, il rimanente farai per te medesimo". Il che tutto avendo questo
               pittore  considerato,  fece  la  sua  figura  di  quella  miglior  perfezzione
               che si può imaginare. Dipinse Francesco, oltre molte altre cose, nel
               palazzo  di  Gonzaga  la  creazione  de'  primi  signori  di  Mantoa,  e  le
               giostre che furono fatte in sulla piazza di S. Piero, la quale ha quivi in

               prospettiva.  Avendo  il  Gran  Turco  per  un  suo  uomo  mandato  a
               presentare al Marchese un bellissimo cane, un arco et un turcasso, il
               Marchese fece ritrarre nel detto palazzo di Gonzaga il cane, il Turco

               che l'aveva condotto e l'altre cose. E ciò fatto, volendo vedere se il
               cane dipinto veramente somigliava, fece condurre uno de' suoi cani di
               corte  nimicissimo  al  cane  turco,  là  dove  era  il  dipinto,  sopra  un
               basamento finto di pietra; quivi dunque giunto il vivo, tosto che vide
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