Page 1098 - Giorgio Vasari
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stampa il detto libro, che da Giovanni Caroto mi fu mandato a
Bologna, dove io allora faceva l'opera del refettorio di San Michele in
Bosco, insieme col ritratto del reverendo padre don Cipriano da
Verona, che due volte fu generale de' monaci di Monte Oliveto, acciò
io me ne servissi, come feci, in una di quelle tavole. Il quale ritratto
mandatomi da Giovanni è oggi in casa mia in Fiorenza con altre
pitture di mano di diversi maestri.
Giovanni finalmente d'anni sessanta in circa, essendo vivuto senza
figliuoli e senza ambizione e con buone facultà, si morì, essendo
molto lieto per vedere alcuni suoi discepoli in buona reputazione, cioè
Anselmo Canneri e Paulo Veronese, che oggi lavora in Vinezia et è
tenuto buon maestro. Anselmo ha lavorato molte opere a olio et in
fresco, e particolarmente alla Soranza in sul Tesino, et a Castel
Franco nel palazzo de' Soranzi et in altri molti luoghi, e più che
altrove in Vicenza. Ma per tornare a Giovanni, fu sepolto in Santa
Maria dell'Organo, dove aveva dipinto di sua mano la capella.
Francesco Torbido detto il Moro, pittore veronese, imparò i primi
principii dell'arte, essendo ancor giovinetto, da Giorgione da Castel
Franco, il quale immitò poi sempre nel colorito e nella morbidezza.
Ma essendo il Moro a punto in sull'acquistare venuto a parole con non
so chi, lo conciò di maniera che fu forzato partirsi di Vinezia e tornare
a Verona, dove, dismessa la pittura, per essere alquanto manesco e
praticare con giovani nobili, sì come colui che era di bonissime
creanze, stette senza essercitarsi un tempo. E così praticando fra
gl'altri con i conti Sanbonifazii e' conti Giusti, famiglie illustri di
Verona, si fece tanto loro domestico, che non solo abitava le case
loro come se in quelle fusse nato, ma non andò molto che il conte
Zenoello Giusti gli diede una sua naturale figliuola per moglie,
dandogli nelle proprie case un apparamento commodo per lui, per la
moglie e per i figli che gli nacquero.
Dicono che Francesco, stando ai servigi di que' signori, portava
sempre il lapis nella scarsella, et in ogni luogo dove andava, pur che
n'avesse agio, dipignea qualche testa o altro sopra le mura. Per che il
detto conte Zenovello. vedendolo tanto inclinato alla pittura,
alleggeritolo d'altri negozii, fece, come generoso signore, ch'egli si