Page 1091 - Giorgio Vasari
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Organo,  la  quale  opera  fu  molto  lodata.  Arebbe  voluto  Liberale

               dipignere in Santa Eufemia la capella della famiglia de' Rivi, la quale
               fu fatta per onorare la memoria di Giovanni Riva, capitano d'uomini
               d'arme  nella  giornata  del  Taro,  ma  non  l'ebbe;  perché  essendo
               allogata ad alcuni forestieri, fu detto a lui che per essere già molto

               vecchio, non lo serviva la vista. Onde scoperta questa capella, nella
               quale  erano  infiniti  errori,  disse  Liberale  che  chi  l'aveva  allogata
               aveva avuto peggior vista di lui.

               Finalmente  essendo  Liberale  d'anni  ottantaquattro  o  meglio,  si
               lasciava governare dai parenti, e particolarmente da una sua figliuola

               maritata,  la  quale  lo  trattava  insieme  con  gl'altri  malissimamente;
               per  che  sdegnatosi  con  esso  lei  e  con  gl'altri  parenti,  e  trovandosi
               sotto la sua custodia Francesco Torbido detto il Moro, allora giovane e
               suo affezionatissimo e diligente pittore, lo instituì erede della casa e

               giardino  che  aveva  a  San  Giovanni  in  Valle,  luogo  in  quella  città
               amenissimo; e con lui si ridusse, dicendo volere che anzi godesse il
               suo uno che amasse la virtù, che chi disprezzava il prossimo. Ma non
               passò  molto  che  si  morì  nel  dì  di  Santa  Chiara  l'anno  1536,  e  fu

               sepolto  in  San  Giovanni  in  Valle,  d'anni  85.  Furono  suoi  discepoli
               Giovan Francesco e Giovanni Caroti, Francesco Torbido detto il Moro,
               e Paulo Cavazzuola, de' quali, perché invero sono bonissimi maestri,
               si farà menzione a suo luogo.

               Giovanfrancesco Caroto nacque in Verona l'anno 1470, e dopo avere
               apparato i primi principii delle lettere, essendo inclinato alla pittura,

               levatosi dagli studii della grammatica, si pose a imparare la pittura
               con  Liberale  veronese,  promettendogli  ristorarlo  delle  sue  fatiche.
               Così giovinetto, dunque, attese Giovanfrancesco con tanto amore e
               diligenza al disegno, che con esso e col colorito fu nei primi anni di

               grande  aiuto  a  Liberale.  Non  molti  anni  dopo,  essendo  con  gl'anni
               cresciuto  il  giudizio,  vide  in  Verona  l'opere  d'Andrea  Mantegna  e
               parendogli, sì come era in effetto, che elle fussero d'altra maniera e
               migliori  che  quelle  del  suo  maestro,  fece  sì  col  padre  che  gli  fu

               conceduto, con buona grazia di Liberale, acconciarsi col Mantegna. E
               così andato a Mantoa e postosi con esso lui, acquistò in poco tempo
               tanto  che  Andrea  mandava  fuori  dell'opere  di  lui  per  di  sua  mano.
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