Page 1069 - Giorgio Vasari
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ritrarlo l'imagine di esso Cesare a olio in un quadro grandissimo, et in
quello dipinse la Fama che lo coronava di lauro, et un fanciullo in
forma d'un Ercole piccolino che gli porgeva il mondo quasi
dandogliene il dominio. La quale opera, finita che fu, la fece vedere a
papa Clemente, al quale piacque tanto che mandò quella e Francesco
insieme, accompagnati dal vescovo di Vasona, allora datario,
all'imperadore. Onde essendo molto piaciuta a Sua Maestà, fece
intendere che si lasciasse; ma Francesco, come mal consigliato da un
suo poco fedele o poco saputo amico, dicendo che non era finita, non
la volle lasciare; e così Sua Maestà non l'ebbe et egli non fu, come
sarebbe stato senza dubbio, premiato. Questo quadro, essendo poi
capitato alle mani del cardinale Ipolito de' Medici, fu donato da lui al
cardinale di Mantoa, et oggi è in guardaroba di quel Duca, con molte
altre belle e nobilissime pitture.
Dopo essere stato Francesco, come si è detto, tanti anni fuor della
patria e molto esperimentatosi nell'arte, senza aver fatto però
acquisto nessuno di facultà, ma solo d'amici, se ne tornò finalmente,
per sodisfare a molti amici e parenti, a Parma; dove, arrivato, gli fu
subito dato a lavorare in fresco nella chiesa di Santa Maria della
Steccata, una volta assai grande; ma perché inanzi alla volta era un
arco piano che girava secondo la volta a uso di faccia, si mise a
lavorare prima quello come più facile, e vi fece sei figure, due colorite
e quattro di chiaro scuro molto belle; e fra l'una e l'altra alcuni molto
belli ornamenti, che mettevano in mezzo rosoni di rilievo. I quali egli
da sé, come capriccioso, si mise a lavorare di rame, facendo in essi
grandissime fatiche. In questo medesimo tempo fece al cavalier
Baiardo, gentiluomo parmigiano e suo molto familiare amico, in un
quadro un Cupido che fabrica di sua mano un arco: a' piè del quale
fece due putti, che sedendo uno piglia l'altro per un braccio e ridendo
vuol che tocchi Cupido con un dito, e quegli, che non vuol toccarlo,
piange mostrando aver paura di non cuocersi al fuoco d'amore.
Questa pittura, che è vaga per colorito, ingegnosa per invenzione e
graziosa per quella sua maniera che è stata et è dagl'artefici e da chi
si diletta dell'arte imitata et osservata molto, è oggi nello studio del
signor Marcantonio Cavalca, erede del cavalier Baiardo, con molti