Page 1064 - Giorgio Vasari
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disiderio  suo  ai  vecchi  zii,  ai  quali  parendo  che  non  fusse  cotal
               desiderio  se  non  lodevole,  dissero  esser  contenti,  ma  che  sarebbe
               ben fatto che egli avesse portato seco qualche cosa di sua mano che
               gli facesse entratura a que' signori et agl'artefici della professione; il
               qual  consiglio  non  dispiacendo  a  Francesco,  fece  tre  quadri,  due

               piccoli  et  uno  assai  grande,  nel  quale  fece  la  Nostra  Donna  col
               Figliuolo in collo che toglie di grembo a un Angelo alcuni frutti et un
               vecchio  con  le  braccia  piene  di  peli,  fatto  con  arte  e  giudizio  e

               vagamente colorito. Oltra ciò, per investigare le sottigliezze dell'arte,
               si mise un giorno a ritrarre se stesso, guardandosi in uno specchio da
               barbieri, di que' mezzo tondi. Nel che fare, vedendo quelle bizzarrie
               che  fa  la  ritondità  dello  specchio,  nel  girare  che  fanno  le  travi  de'
               palchi,  che  torcono  e  le  porte  e  tutti  gl'edifizi  che  sfuggono

               stranamente,  gli  venne  voglia  di  contrafare  per  suo  capriccio  ogni
               cosa. Laonde, fatta fare una palla di legno al tornio, e quella divisa
               per farla mezza tonda e di grandezza simile allo specchio, in quella si

               mise  con  grande  arte  a  contrafare  tutto  quello  che  vedeva  nello
               specchio e particolarmente se stesso tanto simile al naturale, che non
               si  potrebbero  stimare,  né  credere.  E  perché  tutte  le  cose  che
               s'appressano  allo  specchio  crescono,  e  quelle  che  si  allontanano
               diminuiscono, vi fece una mano che disegnava un poco grande, come

               mostrava  lo  specchio,  tanto  bella  che  pareva  verissima;  e  perché
               Francesco era di bellissima aria et aveva il volto e l'aspetto grazioso
               molto e più tosto d'Angelo che d'uomo, pareva la sua effigie in quella

               palla  una  cosa  divina.  Anzi  gli  successe  così  felicemente  tutta
               quell'opera, che il vero non istava altrimenti che il dipinto, essendo in
               quella il lustro del vetro, ogni segno di riflessione, l'ombre et i lumi sì
               propri  e  veri,  che  più  non  si  sarebbe  potuto  sperare  da  umano
               ingegno.

               Finite queste opere, che furono non pure dai suo' vecchi tenute rare,

               ma  da  molti  altri  che  s'intendevano  dell'arte,  stupende  e
               maravigliose, et incassato i quadri et il ritratto, accompagnato da uno
               de'  suoi  zii,  si  condusse  a  Roma.  Dove,  avendo  il  datario  veduti  i
               quadri e stimatigli quello che erano, furono subito il giovane et il zio

               introdotti a papa Clemente, il quale vedute l'opere e Francesco così
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