Page 1034 - Giorgio Vasari
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bocca, figurato per quel pomo, e sotto i piedi il serpente, e nell'aria
               (volendo  figurare  ch'era  vestita  del  sole  e  della  luna)  fece  Febo  e
               Diana  ignudi.  Nell'altra  quando  l'arca  federes  è  portata  da  Mosè,
               figurata per la Nostra Donna da cinque Virtù circondata. In un'altra è
               il trono di Salamone, pure figurato per la medesima a cui si porgono

               voti  per  significare  quei  che  ricorrono  a  lei  per  grazia,  con  altre
               bizzarrie che dal bello ingegno di Messer Giovanni Polastra, canonico
               aretino et amico del Rosso, furono trovate; a compiacenza del quale

               fece il Rosso un bellissimo modello di tutta l'opera, che è oggi nelle
               nostre  case  d'Arezzo.  Disegnò  anco  uno  studio  d'ignudi  per
               quell'opera, che è cosa rarissima: onde fu un peccato ch'ella non si
               finisse, perché se egli l'avesse messa in opera, e fattala a olio come
               aveva a farla in fresco, ella sarebbe stata veramente un miracolo. Ma

               egli  fu  sempre  nemico  del  lavorare  in  fresco,  e  però  si  andò
               temporeggiando in fare i cartoni, per farla finire a Raffaello dal Borgo
               et altri, tanto ch'ella non si fece.

               In  quel  medesimo  tempo,  essendo  persona  cortese,  fece  molti
               disegni in Arezzo e fuori, per pitture e fabriche: come ai rettori della

               fraternita quello della cappella che è a' piè di piazza, dove è oggi il
               volto  santo,  per  i  quali  aveva  disegnato  una  tavola  che  s'aveva  a
               porre di sua mano nel medesimo luogo, dentro una Nostra Donna che
               ha sotto il manto un popolo. Il quale disegno, che non fu messo in

               opera, è nel nostro libro insieme con molti altri bellissimi di mano del
               medesimo.  Ma  tornando  all'opera  ch'egli  doveva  fare  alla  Madonna
               delle Lacrime, gl'entrò mallevadore di questa opera Giovanni Antonio
               Lappoli aretino et amico suo fidatissimo, che con ogni modo di servitù

               gli  usò  termini  di  amorevolezza.  Ma  l'anno  1530,  essendo  l'assedio
               intorno  a  Fiorenza,  et  essendo  gli  Aretini,  per  la  poca  prudenza  di
               papa  Altoviti,  rimasi  in  libertà,  essi  combatterono  la  cittadella  e  la
               mandarono  a  terra.  E  perché  que'  popoli  mal  volentieri  vedevano  i

               Fiorentini, il Rosso non si volle fidar di essi e se n'andò al Borgo San
               Sepolcro,  lasciando  i  cartoni  et  i  disegni  dell'opera  serrati  in
               Cittadella: perché quelli che a Castello gli aveva allogato la tavola,
               volsero che la finisse; e per il male che avea avuto a Castello, non

               volle ritornarvi, e così al Borgo finì la tavola loro. Né mai a essi volse
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