Page 1025 - Giorgio Vasari
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mandarono  a  Roma  Borbone,  l'anno  1527,  che  quella  città  mise  a
               sacco.  Laonde  fu  divisa  la  compagnia  non  solo  di  Polidoro  e  di
               Maturino, ma di tanti migliaia d'amici e di parenti, che a un sol pane
               tanti anni erano stati in Roma. Perché Maturino si mise in fuga, né
               molto andò, che da' disagi patiti per tale sacco, si stima a Roma che

               morisse di peste, e fu sepolto in S. Eustachio. Polidoro verso Napoli
               prese il camino, dove arivato, essendo quei gentiluomini poco curiosi
               delle  cose  eccellenti  di  pittura,  fu  per  morirvisi  di  fame.  Onde  egli

               lavorando a opere per alcuni pittori, fece in S. Maria della Grazia un
               San  Pietro  nella  maggior  cappella;  e  così  aiutò  in  molte  cose  que'
               pittori,  più  per  campare  la  vita,  che  per  altro.  Ma  pure  essendo
               predicato le virtù sue, fece al conte di... una volta dipinta a tempera,
               con alcune facciate, ch'è tenuta cosa bellissima. E così fece il cortile

               di chiaro e scuro al signor... et insieme alcune logge, le quali sono
               molte piene d'ornamento e di bellezza, e ben lavorate. Fece ancora in
               S. Angelo, allato alla pescheria di Napoli, una tavolina a olio, nella

               quale è una Nostra Donna et alcuni ignudi d'anime cruciate, la quale
               di disegno, più che di colorito, è tenuta bellissima. Similmente alcuni
               quadri,  in  quella  dell'altar  maggiore,  di  figure  intere  sole,  nel
               medesimo modo lavorate.

               Avvenne che stando egli in Napoli, e veggendo poco stimata la sua
               virtù, deliberò partire da coloro che più conto tenevano d'un cavallo

               che saltasse, che di chi facesse con le mani le figure dipinte parer
               vive.  Per  il  che,  montato  su  le  galee,  si  trasferì  a  Messina,  e  quivi
               trovato più pietà e più onore, si diede ad operare; e così lavorando di
               continuo prese ne' colori buona e destra pratica. Onde egli vi fece di

               molte  opere,  che  sono  sparse  in  molti  luoghi.  Et  all'architettura
               attendendo, diede saggio di sé in molte cose ch'e' fece. Appresso nel
               ritorno di Carlo V dalla vittoria di Tunisi, passando egli per Messina,
               Polidoro  gli  fece  archi  trionfali  bellissimi,  onde  n'acquistò  nome  e

               premio  infinito.  Laonde  egli,  che  sempre  ardeva  di  desiderio  di
               rivedere quella Roma, la quale di continuo strugge coloro che stati ci
               sono  molti  anni  nel  provare  gli  altri  paesi,  vi  fece  per  ultimo  una
               tavola d'un Cristo che porta la croce, lavorata a olio, di bontà e di

               colorito  vaghissimo;  nella  quale  fece  un  numero  di  figure  che
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