Page 1020 - Giorgio Vasari
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quell'andare et a quelle, già venute in usanza, attendere da indi
innanzi. Per che ne cominciarono una a Monte Cavallo dirimpetto a S.
Salvestro in compagnia di Pellegrino da Modena, la quale diede loro
animo di poter tentare se quello dovesse essere il loro essercizio; e
ne seguitarono dirimpetto alla porta del fianco di S. Salvatore del
Lauro un'altra; e similmente fecero da la porta del fianco della
Minerva un'istoria, e di sopra S. Rocco a Ripetta un'altra, che è uno
fregio di mostri marini. E ne dipinsero infinite in questo principio,
manco buone dell'altre, per tutta Roma, che non accade qui
raccontarle per avere eglino poi in tal cosa operato meglio. Laonde,
inanimiti di ciò, cominciarono sì a studiare le cose dell'antichità di
Roma, ch'eglino contraffacendo le cose di marmo antiche ne' chiari e
scuri loro, non restò vaso, statue, pili, storie né cosa intera o rotta,
ch'eglino non disegnassero e di quella non si servissero. E tanto con
frequentazione e voglia, a tal cosa posero il pensiero, che unitamente
presero la maniera antica e tanto l'una simile all'altra, che sì come
gl'animi loro erano d'uno istesso volere, così le mani ancora
esprimevano il medesimo sapere. E benché Maturino non fosse
quanto Polidoro aiutato dalla natura, poté tanto l'osservanza dello
stile nella compagnia, che l'uno e l'altro pareva il medesimo, dove
poneva ciascuno la mano, di componimenti, d'aria e di maniera.
Fecero su la piazza di Capranica per andar in Colonna, una facciata
con le virtù teologiche et un fregio sotto le finestre, con bellissima
invenzione, una Roma vestita, e per la fede figurata col calice e con
l'ostia in mano aver prigione tutte le nazioni del mondo, e concorrere
tutti i popoli a portarle i tributi, et i Turchi all'ultima fine distrutti,
saetare l'arca di Macometto, conchiudendo finalmente col detto della
scrittura, che sarà un ovile et un pastore. E nel vero eglino
d'invenzione non ebbero pari; di che ne fanno fede tutte le cose loro,
cariche di abbigliamenti, vesti, calzari, strane bizzarrie, e con infinita
maraviglia condotte. Et ancora ne rendono testimonio le cose loro, da
tutti i forestieri pittori disegnate sì di continuo, che per utilità hanno
essi fatto all'arte della pittura, per la bella maniera che avevano e per
la bella facilità, che tutti gli altri da Cimabue in qua insieme non
hanno fatto. Laonde si è veduto di continuo, et ancor si vede per
Roma, tutti i disegnatori essere più volti alle cose di Polidoro e di