Page 101 - Giorgio Vasari
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Cap. XXIII. Del dipignere a olio su le tele.
Gli uomini per potere portare le pitture di paese in paese, hanno
trovato la comodità delle tele dipinte, come quelle che pesano poco,
et avvolte sono agevoli a trasportarsi. Queste a olio, perch'elle siano
arrendevoli, se non hanno a stare ferme non s'ingessano, atteso che
il gesso vi crepa su arrotolandole; però si fa una pasta di farina con
olio di noce, et in quello si metteno due o tre macinate di biacca; e
quando le tele hanno avuto tre o quattro mani di colla, che sia dolce,
ch'abbia passato da una banda all'altra, con un coltello si dà questa
pasta, e tutti i buchi vengono con la mano dell'artefice a turarsi. Fatto
ciò, se le dà una o due mani di colla dolce, e da poi la mestica o
imprimatura; et a dipignervi sopra si tiene il medesimo modo che
agl'altri di sopra racconti. E perché questo modo è paruto agevole e
commodo, si sono fatti non solamente quadri piccioli per portare
attorno, ma ancora tavole da altari et altre opere di storie,
grandissime, come si vede nelle sale del palazzo di S. Marco di
Vinezia, et altrove, avenga che dove non arriva la grandezza delle
tavole, serve la grandezza e 'l commodo delle tele.
Cap. XXIV. Del dipingere in pietra a olio, e che pietre siano buone.
È cresciuto sempre lo animo a' nostri artefici pittori, faccendo che il
colorito a olio, oltra l'averlo lavorato in muro, si possa volendo
lavorare ancora su le pietre; delle quali hanno trovato nella riviera di
Genova quella spezie di lastre che noi dicemmo nella architettura che
sono attissime a questo bisogno; perché per esser serrate in sé e per
avere la grana gentile pigliano il pulimento piano. In su queste hanno
dipinto modernamente quasi infiniti e trovato il modo vero da potere
lavorarvi sopra. Hanno provate poi le pietre più fine, come mischi di