Page 1009 - Giorgio Vasari
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VITA DI GIOVANNI ANTONIO SOGLIANI PITTOR
               FIORENTINO



               Spesse volte veggiamo negl'esercizii delle lettere e nell'arti ingegnose
               manuali, quelli che sono maninconici essere più assidui agli studii e
               con maggior pacienza sopportare i pesi delle fatiche; onde rari sono

               coloro  di  questo  umore,  che  in  cotali  professioni  non  rieschino
               eccellenti;  come  fece  Giovanni  Antonio  Sogliani  pittor  fiorentino.  Il
               quale era tanto nell'aspetto freddo e malinconico, che parea la stessa
               malinconia;  e  poté  quell'umore  talmente  in  lui,  che  dalle  cose
               dell'arte in fuori pochi altri pensieri si diede, eccetto che delle cure

               famigliari,  nelle  quali  egli  sopportava  gravissima  passione,
               quantunche avesse assai comodamente da ripararsi.

               Stette costui con Lorenzo di Credi all'arte della pittura ventiquattro
               anni,  e  con  esso  lui  visse  onorandolo  sempre  et  osservandolo  con
               ogni qualità d'ufficii. Nel qual tempo fattosi bonissimo pittore, mostrò
               poi in tutte l'opere essere fidelissimo discepolo di quello et imitatore

               della  sua  maniera:  come  si  conobbe  nelle  sue  prime  pitture,  nella
               chiesa dell'Osservanza sul poggio di S. Miniato fuor di Firenze. Nella
               quale  fece  una  tavola  di  ritratto,  simile  a  quella  che  Lorenzo  avea

               fatto nelle monache di S. Chiara, dentrovi la natività di Cristo, non
               manco buona che quella di Lorenzo.

               Partito poi dal detto suo maestro, fece nella chiesa di San Michele in
               Orto, per l'Arte de' vinattieri, un S. Martino a olio in abito di vescovo,
               il quale gli diede nome di bonissimo maestro. E perché ebbe Gioanni

               Antonio in somma venerazione l'opere e la maniera di fra' Bartolomeo
               di  S.  Marco,  e  fortemente  a  essa  cercò  nel  colorito  d'accostarsi,  si
               vede in una tavola, che egli abbozzò e non finì, non gli piacendo, che
               egli  lo  imitò  molto.  La  quale  tavola  si  tenne  in  casa  mentre  visse,
               come  inutile.  Ma  dopo  la  morte  di  lui,  essendo  venduta  per  cosa

               vecchia a Sinibaldo Gaddi, egli la fece finire a Santi Tidi dal Borgo,
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