Page 2220 - Shakespeare - Vol. 4
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E qui il mercante tanto depredato,
               ammutolito dal dolore, il capo
               chino, braccia in croce, gli occhi fissi,
               con bianche labbra cerca di sfogare

               la pena che gli vieta la risposta;
               invano: ché l’angoscia ringhiottisce
               ciò che cerca di dire il disgraziato.



               Siccome sotto un ponte il fiume rugge

               correndo più dell’occhio che l’osserva,
               ma il vortice lo fa saltare indietro
               dentro lo stretto che l’ha spinto tanto,
               in furia espulso e in furia richiamato,
               così i sospiri suoi sono una sega

               che spinge giù e tira su il dolore.



               Vede la moglie la sua pena muta,
               e dalla sua ebetudine lo sveglia:
               «Signore, il tuo dolore al mio s’accresce,
               e non c’è fiume che se piove cali;

               il turbamento tuo mi fa più acuta
               la pena. Basti dunque un paio d’occhi
               ad annegar nel pianto un solo affanno.



               «Per amor di colei che t’ha incantato,

               che la Lucrezia tua è stata, ascolta:
               fa’ subito vendetta del nemico −
               mio, tuo, suo. Pensa che sventi
               quello ch’è già successo: tardo aiuto,

               e tuttavia, che muoia il traditore,
               giustizia mite accresce iniquità.



               «Ma prima che lo nomini, signori»,
               dice ai compagni del suo Collatino,
               «giuratemi, e sia pegno il vostro onore,

               pronta vendetta per il torto mio;
               giacché è intenzione meritoria e bella
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