Page 2223 - Shakespeare - Vol. 4
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«Povero specchio rotto, spesso ho visto
ringiovanire in te la mia vecchiezza;
ma adesso il fresco specchio, vecchio e fosco,
mi mostra ossa consunte e nuda morte.
Oh, il volto mio dal tuo ti sei strappata,
infranta è la bellezza del mio specchio,
ciò ch’ero un tempo non vedrò mai più.
«Cessa il tuo corso, tempo, non durare,
se chi dovrebbe sopravviver muore!
La morte marcia vincerà i più forti,
lasciando vivi i deboli e gli zoppi?
Morta l’ape vecchia, l’arnia passa
alle giovani; svegliati, Lucrezia,
veda tu il padre morto, non lui te».
Si desta dal suo sogno Collatino,
e chiede spazio al vecchio per dolersi;
cade nel sangue di Lucrezia fredda,
s’inzuppa il volto bianco di paura,
e par sul punto di morir con lei;
finché prevale in lui l’onta virile,
che esige che la morta abbia vendetta.
La grande angoscia che lo turba dentro
arresta e ammutolisce la sua lingua;
che irata che il dolore la comandi
e le impedisca di alleviare il cuore,
prende a parlare; ma s’affollan tante
vane parole per lenire il cuore
che non v’è chi capisca cosa dice.
«Tarquinio» però a tratti s’ode chiaro,
tra i denti, quasi ne squarciasse il nome.
Questo suo vento, adunando pioggia,
respinge e accresce il flutto della pena.
Infine piove, e il vento inquieto cessa;