Page 2215 - Shakespeare - Vol. 4
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della mestizia e del dolor dipinto,
               cui presta voce e in cambio prende il volto.



               Percorre coi suoi occhi tutto il quadro,
               e piange ovunque trovi un disgraziato.
               Infine vede un misero in catene,            117

               che muove alla pietà i pastori frigi;
               benché spaurito sembra anche contento.
               Va coi pastori a Troia, e tanto è mite

               che la pazienza par schernir la pena.


               In lui l’artista era riuscito a dare

               aspetto d’innocenza a inganno e frode:
               con gli occhi bassi e in lacrime cammina,
               come accogliendo mite il suo dolore;

               le gote non son pallide né rosse,
               così che non trapela né la colpa
               né la paura di chi è falso in cuore.



               Come un demonio fermo e risoluto,
               tanta giustizia recita col volto,

               e tanto cela il perfido segreto,
               che anche il sospetto non sospetterebbe
               che astuzia e frode vadano insinuando
               sì nere nubi in sì radioso giorno,

               né che il peccato sembri tanto santo.



               In lui l’abile artista ha figurato
               il perfido Sinone, il cui racconto
               portò la morte a Priamo, ingenuo e vecchio,
               e appiccò il fuoco alla splendente gloria

               d’Ilio potente, onde ne pianse il cielo,
               e dalle sfere caddero le stelle
               poi che lo specchio loro venne infranto.             118



               Lucrezia scruta il quadro ed il pittore
               per l’arte sua meravigliosa ingiuria,
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