Page 2219 - Shakespeare - Vol. 4
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di spada e torcia armata, una persona,
               e sussurrò “dama romana, sveglia,
               soddisfa l’amor mio, ché un’onta eterna
               infliggerò su te e i tuoi stanotte

               se contraddici al desiderio mio.



               «“Perché, se non t’aggioghi alla mia voglia,
               prima”, mi dice, “ucciderò il più vile
               dei servi tuoi, e te subito dopo;

               poi giurerò che v’ho sorpreso in mezzo
               all’atto immondo, e che vi ho ammazzato.
               Il che sarà per me causa di fama,
               e per te invece di perpetua infamia”.



               «Allora mi levai e presi a urlare,

               ma lui puntò la spada sul mio cuore,
               giurando che se non subivo zitta
               non avrei mai più detto una parola.
               Così in eterno la potente Roma
               la morte infame avrebbe ricordato

               del servo e dell’adultera Lucrezia.



               «Pieno di forza era il nemico, ed io
               per la paura senza forza alcuna.
               Il giudice crudele m’azzittiva,

               vietandomi di chiedere giustizia.
               La foia sua accusò la mia bellezza
               di furto d’occhi, e quando il derubato
               è giudice, perduto è l’imputato.



               «Ditemi voi che scusa posso addurre,

               o almeno concedetemi di dire
               che se l’abuso m’ha insozzato il sangue,
               l’animo mio è innocente e immacolato;                121
               ciò che non si chinò alla concessione

               restò inviolato, e ancora resta puro,
               chiuso nel suo scrigno avvelenato».
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