Page 2225 - Shakespeare - Vol. 4
P. 2225

Ed è vendetta pugnalar te stesso
               per l’atto di cui sanguina tua moglie?
               Queste son debolezze da bambini;
               tua moglie s’è sbagliata ad ammazzarsi,

               invece di ammazzare il suo nemico.



               «Prode Romano, non tuffare il cuore
               nella rugiada molle dei lamenti;
               china il ginocchio e aiutami a svegliare

               con la preghiera i nostri dèi Romani,
               che faccian sì che queste orrende infamie, −
               che Roma stessa hanno disonorato, −
               dal nostro forte braccio sian cacciate.



               «Su, per il nostro sacro Campidoglio,

               e il giusto sangue ingiustamente offeso,
               per questo sole che la terra nutre,
               per i diritti della nostra Roma,
               per lo spirito casto di Lucrezia,
               e il torto suo, e il suo rosso coltello,

               sia vendicata questa onesta moglie».



               Ciò detto, con la mano sopra il cuore,
               bacia il coltello, a suggellare il voto,
               e sprona ad associarsi tutti gli altri,

               che approvano, stupendosi di lui.
               Ognuno china il suo ginocchio al suolo,
               Bruto ripete il suo solenne voto,
               e tutti assieme fanno giuramento.



               Giurato di osservare la sentenza,

               decidono che il corpo di Lucrezia
               venga esibito in Roma, sicché tutti
               conoscano il delitto di Tarquinio;
               ciò viene prontamente messo in atto,

               e per acclamazione generale
               Tarquinio è condannato a bando eterno.
   2220   2221   2222   2223   2224   2225   2226   2227   2228   2229   2230