Page 2224 - Shakespeare - Vol. 4
P. 2224
allora fanno a gara padre e figlio
a chi più pianga la sua figlia o moglie. 124
Ciascuno sua la dice, ma nessuno
può possedere quello che reclama.
Il padre dice, «È mia». «È mia», ribatte
il marito, «non mi portare via
l’interesse del dolore; non osi
piangerla alcuno, ch’ella è mia soltanto,
e piangerla può solo Collatino».
«Le diedi io», fa il vecchio, «quella vita
che troppo presto e tardi 125 ella ha versato».
«Ahi», dice Collatino, «era mia moglie,
e ciò ch’ella ha ammazzato mi appartiene».
Di «figlia mia» e «mia moglie» suona l’aria,
che avendo in sé la vita di Lucrezia
«mia moglie» e «figlia mia» loro risponde.
Di fronte a tale gara di dolore,
Bruto, che estrasse il ferro da Lucrezia,
sepolta la follia dentro la piaga,
torna a vestir d’orgoglio il rango suo. 126
A Roma lo credevano un idiota,
un buffone di corte, ed era noto
per le sciocchezze e le facezie argute.
Ma adesso getta via questa sua veste,
in cui si nascondeva per astuzia,
e armato dell’ingegno che celava
fa smettere il suo pianto a Collatino.
«Oh Romano oltraggiato», dice, «sveglia!
Lascia che un finto pazzo a tutti ignoto
a te, d’esperto senno, sia maestro.
«Sana il dolore forse altro dolore,
la piaga nuova piaga, il torto il pianto?