Page 2221 - Shakespeare - Vol. 4
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cacciare l’ingiustizia con le armi:
il cavaliere vendica la dama».
Risponde ognuno pronto alla richiesta,
e giura nobilmente il proprio aiuto,
com’è dovere d’ogni cavaliere,
chiedendole di dire chi è il nemico;
ma lei, che ancora non ne ha fatto il nome,
li ferma. «Prima dite», dice, «come
verrà lavato il mio forzato torto?
«Di che natura è questo mio reato,
cui m’han costretto orrende circostanze?
L’anima pura può ignorare l’atto,
risorgerà l’onore declinato?
Di ciò ch’è capitato verrò assolta?
La fonte avvelenata torna pura,
perché non io, macchiata con la forza?»
Rispondon tutti in coro ch’è mondato
dall’anima sua pura il corpo sporco,
ma lei triste sorride e storna il volto,
mappa su cui le lacrime hanno inciso
profondo il segno della sua sventura.
«Nessuna dama», dice, «in avvenire
accamperà per scusa la mia scusa». 122
E qui gemendo come il cuor s’aprisse
fa il nome di Tarquinio. «È lui, lui», dice,
ma più che «lui» non riesce a dir la lingua;
fino a che dopo molti suoni e sforzi,
sospiri, e ripetuti tentativi,
esclama: «Lui signori, lui mi guida
la mano a aprire in me questa ferita».
Col che un pugnale inguaina nel suo petto,
donde l’anima sua da lei si sguaina;