Page 2214 - Shakespeare - Vol. 4
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«O povero strumento», dice, «muto,
               suonerò io le pene tue, versando
               su Priamo ferito un dolce unguento,
               e Pirro insulterò, che l’ha sconciato;

               Troia incendiata spegnerò col pianto;
               caverò gli occhi con il mio coltello
               a tutti i Greci che ti son nemici.



               «Mostra la cagna che ha iniziato tutto,

               che l’unghia mia ne scempi la bellezza!
               Dalla tua foia, Paride, è discesa
               la vampa d’ira di cui Troia brucia;
               è l’occhio tuo che ha acceso questo fuoco,
               e per l’oltraggio suo qui a Troia muore

               la moglie ed il marito, e figlia e figlio.



               «Perché deve il piacere di uno solo
               diventare una peste generale?
               Che il peccato ricada solamente
               sul capo di colui che l’ha commesso;

               non paghi l’innocente ingiusta pena:
               perché, se uno soltanto è il peccatore,
               il suo peccato han da pagarlo tutti?            115



               «Qui piange Ecuba, qui Priamo muore,

               qui vengon meno Troilo e il forte Ettorre;
               nel buio si colpiscono per sbaglio
               gli amici,   116  o giaccion morti fianco a fianco;
               la voglia di uno solo tanti uccide;

               avesse Priamo trattenuto il figlio
               fama, non fuoco, brillerebbe in Troia».



               Sulle dipinte pene qui ella piange:
               suona il dolore, e come una campana
               per il suo stesso peso suona ancora,

               e a lieve spinta dà lugubre suono.
               Così Lucrezia fa echeggiare il pianto
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