Page 2210 - Shakespeare - Vol. 4
P. 2210
Arriva il messo, e lei gliela consegna,
dicendo a lui, accigliato, di affrettarsi
come se soffia Borea fa l’uccello;
ma lenta sembra a lei qualsiasi fretta,
l’eccesso esige un altrettale eccesso.
Il servo fa umilmente riverenza,
la guarda, arrossisce, ne riceve
il plico senza ch’ella apra la bocca,
e parte, intimidito ed innocente.
Chi l’onta ha in seno pensa che ogni occhio
la veda; così pensa ora Lucrezia
che il servo sia arrossito nel vederla.
Povero servo! Invece era difetto
di spirito, di vita e pronta audacia;
questi innocenti sanno solamente
parlar coi fatti, mentre gli sfacciati
promettono di più, ma fanno meno.
Questo modello di un’età scomparsa
per pegno d’onestà non ha che il volto.
Lo zelo suo ha acceso in lei il sospetto,
donde i due fuochi sopra i volti loro.
Lei pensa che lui sappia e ne arrossisca,
così lo scruta ed arrossisce anch’essa.
Egli, scrutato, ancor di più si turba;
e lei, più vede lui farsi di fiamma,
più pensa abbia scoperto in lei l’infamia.
Il servo se n’è a mala pena andato,
e già a lei pare che non torni mai;
non sa come occupare il tempo ozioso,
ché troppo ormai ha pianto e sospirato:
tanto il dolore suo sfianca se stesso
che per potersi addolorar di nuovo
concede un po’ di pausa ai suoi lamenti.