Page 2209 - Shakespeare - Vol. 4
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S’accalcano alla porta le invenzioni,
               e fanno ressa per entrar per prime.



               Infine inizia: «Nobile signore
               dell’ignobile sposa che ti scrive,
               salute! Inoltre − se la tua Lucrezia

               mai riveder vorrai − concedi questo:
               accorri presto qui. Mi raccomando,
               da casa nostra immersa nel dolore.              109

               Molte le pene, poche le parole».


               Col che piega la copia del suo male,

               incerto scritto d’assai certa pena.
               Dal sunto Collatino può sapere
               del suo dolore, ma non quale sia;

               non osa rivelarlo ella, temendo
               ch’egli le dia l’infame colpa, prima
               che il sangue macchi la macchiata scusa.



               E intanto ammucchia la sua viva pena
               per spenderla quand’egli le sia accanto,

               e pianto e gemiti dian bella forma
               alla disgrazia sua, da sé fugando
               ogni sospetto possa avere il mondo:
               la lettera non macchia di parole,

               ché la sua macchia meglio l’atto lavi.



               Commuove più la vista che il racconto,
               ché allora l’occhio interpreta all’orecchio
               la triste azione ch’esso vede in atto,
               quando ogni parte ha parte del dolore.

               Solo una parte è quella che ascoltiamo:
               l’abisso suona meno della secca,            110
               la pena cala, al vento di parole.          111



               Sigilla ora la lettera e ci scrive
               «Al mio signore, Ardea, massima urgenza».
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