Page 2207 - Shakespeare - Vol. 4
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Piange una giustamente, l’altra versa
le stille sue per pura compagnia;
il gentil sesso è spesso incline al pianto,
prova dolore del dolore altrui,
così s’inonda gli occhi e spezza il cuore.
L’uomo è di marmo, la donna è di cera,
e prende forma come il marmo vuole;
debole e oppressa in lei l’altro s’imprime
con forza, o con la frode, o con perizia.
Del male suo non ditela l’autrice,
perché non è malvagia quella cera
che reca inciso il volto di un demonio.
La donna è liscia come una pianura,
mostra ogni verme che le striscia sopra:
ma l’uomo è una boscaglia nei cui antri
dormono nascosti mille mali;
non cela nulla un muro di cristallo;
copre le colpe sue con duri sguardi
l’uomo; la donna ce le ha scritte in viso.
Non incolpate il fiore che è appassito,
ma l’aspro inverno che quel fiore ha ucciso;
sia biasimato quello che divora,
non ciò ch’è divorato; non s’imputi
a colpa della donna i mille abusi
che le fa l’uomo! La vergogna è sua,
non della donna cui la dà in affitto.
Prova ne sia Lucrezia, nottetempo
costretta con la forza e con minacce
di morte e di vergogna dopo morta,
ad arrecare offesa a suo marito;
tanto pericoloso era l’opporsi
che un terrore mortale la pervase;
e chi non può violare un corpo morto?