Page 2204 - Shakespeare - Vol. 4
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per imitarti punterò un coltello
sul cuore, sì che l’occhio si spaventi,
e se si chiude l’occhio, il cuore muoia:
saranno questi oggetti gli strumenti
per intonare i nostri tristi suoni.
«E poiché tu non canti quando è giorno,
come se tu temessi d’esser vista,
troveremo un deserto cui sia ignoto
e vampa e gelo, e lì dispiegheremo
melodie meste che ammansiscan fiere:
se l’uomo è più crudele delle bestie,
abbian le bestie un animo gentile».
Come il povero cervo spaventato,
che guarda attorno per che via fuggire,
o chi s’è perso dentro un labirinto
e non sa ritrovar la via d’uscita;
così va dibattendo tra se stessa
cosa sia meglio, vivere o morire,
se vita è onta e biasimo la morte:
«Uccidermi cos’altro mai sarebbe,
se non macchiarmi l’anima oltre il corpo?
Chi perde la metà meglio sopporta
di chi tutto ha perduto nell’affanno.
Spietata è quella madre di due figli
che se la morte gliene prende uno
ammazza l’altro e non ne nutre alcuno.
«M’era più cara l’anima od il corpo,
quand’esso puro e l’altra era divina?
Quale più amare quando l’uno e l’altra
serbavo per il cielo e Collatino?
Ahimè, se il grande pino è scortecciato
si seccano le foglie e la sua linfa;
così l’anima mia, persa la scorza.