Page 2199 - Shakespeare - Vol. 4
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«Disturbagli il riposo con l’angoscia,
opprimilo di gemiti nel letto;
che incorra nei più atroci dei malanni,
ma non aver pietà dei suoi lamenti.
Sia lapidato da cuori di pietra,
donne gentili, persa gentilezza,
siano con lui feroci più che tigri.
«Che abbia il tempo di strapparsi i ricci, 101
di volger la sua furia su se stesso,
di disperare che lo aiuti il tempo,
di vivere da schiavo disprezzato,
di bramare il boccone del mendico,
di vedere l’accattone disdegnargli
i resti disdegnati del suo cibo;
«di scoprire nemici negli amici,
di venir sbeffeggiato dai dementi,
di constatare quanto è lento il tempo
nel tempo del dolore, e quanto svelto
è il tempo della gioia e di follia:
ed abbia tempo il suo delitto eterno
di piangere l’abuso del suo tempo.
«Tempo, maestro di malvagi e buoni,
chi istruisti al male insegnami a esecrare!
Davanti all’ombra sua impazzisca il ladro,
e cerchi ognora d’ammazzar se stesso:
che l’empia mano versi l’empio sangue,
perché chi mai sarebbe tanto vile
da far da boia a tanto vile schiavo?
«Tanto più vile è in lui, figlio di re,
la speme sua 102 infamare d’atti turpi;
ché più potente è l’uomo e più potente
è ciò che gli procura onore od odio,
e la vergogna cresce assieme al rango.