Page 2201 - Shakespeare - Vol. 4
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ma non essendo in un macello invano
cerca di che sgorgar la via al suo fiato,
che le si accalca tra le labbra e fugge,
come dall’Etna vola via il vapore,
o il fumo dal cannone che ha sparato.
«Invano», dice, «vivo, e invano cerco
di porre fausta fine a infausta vita.
Temevo che Tarquinio m’uccidesse
con la sua spada, e cerco ora un pugnale;
sposa fedele ero quando temevo,
e ancor lo sono, − Oh, no, ché dell’insegna
di fedeltà Tarquinio m’ha spogliato.
«Svanito è ciò per cui vivevo, e dunque
non devo più temere di morire!
Lavando l’onta con la morte, almeno
do fama alla livrea della calunnia, 103
e a viva infamia una morente vita:
che magro aiuto è mai bruciar lo scrigno
innocente, se il tesoro è già rubato!
«Oh Collatino caro, mai saprai
che gusto sporco ha fedeltà violata;
non farò torto al tuo fedele affetto
adulandoti con un voto infranto.
Non crescerà questo bastardo innesto,
né vanterà chi t’ha insozzato il fusto
che sei lo sciocco padre del suo frutto.
«Non riderà di te segretamente,
non ti sbeffeggerà coi suoi compagni;
saprai che il bene tuo te l’han rubato,
e non comprato con meschino oro.
Signora del mio fato, la mia colpa
non mi perdonerò, finché la vita
non paghi a morte il mio forzato fallo.