Page 2195 - Shakespeare - Vol. 4
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Venuto a nome tuo, come cacciarlo?
Sarebbe stato indegno disdegnarlo.
E poi si lamentava che era stanco,
parlava di virtù: oh imprevisto male,
se tal demonio la virtù profana!
«Perché entra il verme nel bocciolo intatto,
o nel nido dei passeri il cuculo?
Perché avvelena pure fonti il rospo,
e follia alligna in un gentile seno,
e il re promulga leggi che poi infrange?
Nessuna perfezione è sì assoluta
che qualche impurità poi non la inquini.
«Il vecchio con tesori nei suoi scrigni
è tormentato dalla gotta e i crampi,
e a stento ha gli occhi per guardarsi l’oro;
ma, Tantalo insaziato, inutilmente
serra il raccolto dentro i suoi granai,
ché dal guadagno cava solo pena
di non poter curare i suoi tormenti.
«Così ha ricchezze quando non può usarle,
e le abbandona ai figli che, superbi,
ne fanno pronto abuso; troppo esausto
il padre e forti i figli per serbare
il maledetto-benedetto oro.
Amara è in bocca la dolcezza ambita,
e proprio quando la diciamo nostra.
«Primavera è compagna di tormente;
l’erbaccia cresce assieme al fiore raro;
dove l’uccello canta soffia il serpe;
divora il male i frutti di virtù.
Bene non c’è che dir possiamo nostro,
ché sopravviene l’occasione infausta,
e se non gli dà morte lo snatura.