Page 2191 - Shakespeare - Vol. 4
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ma quando essa declina il rivoltoso
implora remissione della colpa.
Così anche per il nobile Romano,
che tanto ardente, reo, l’atto ha voluto,
e si proclama ora da sé il verdetto
che lo svergogna per le età future.
È profanato il tempio dell’anima,
tra le macerie truppe di rimorsi
domandan come sta alla principessa. 97
Che dice che i suoi sudditi in rivolta
hanno abbattuto il muro consacrato,
e con colpa mortale han soggiogato
la sua immortalità, ond’ella è serva
di viva morte e di dolore eterno:
li aveva ella frenati, 98 già sapendo,
ma la prescienza sua non li ha fermati.
Così pensando vaga nella notte,
vincitor vinto che vincendo ha perso, 99
recando l’inguaribile ferita,
la cicatrice che per sempre resta.
E in maggior pena lascia la sua spoglia:
col peso, lei, della di lui lussuria,
lui col fardello della propria colpa.
Lui scappa come un cane che ha rubato,
lei resta lì come un ansante agnello;
odia se stesso lui, per la sua colpa,
la propria carne lei con l’unghie strazia;
lui fugge e suda di timore vile,
lei resta e grida alla tremenda notte,
lui insulta l’aborrita gioia estinta,
e s’allontana, triste penitente,
lei resta lì, reietta e disperata,