Page 2190 - Shakespeare - Vol. 4
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Ché coi notturni lini egli le chiude
dentro la bocca il gemito pietoso,
e si rinfresca il viso col più casto
pianto che mai dolore abbia versato.
Oh, che lussuria abbia a insozzar tal letto!
Lavar potesse il pianto quelle macchie,
ella dovrebbe piangere in eterno.
Ella ha perduto più che la sua vita,
e ciò che ha vinto egli ora perder vuole.
Lega forzata ad altra guerra sforza;
da breve gioia nasce lunga pena;
freddo disgusto segue a calda brama.
Predata è castità del suo tesoro,
ma il ladro ora è più povero di prima.
Saziati, il falco e il cane più non sanno
seguir la traccia né volar veloci,
ma intorpiditi mancano la preda
che per natura godono a ghermire.
Così è Tarquinio questa notte, sazio.
La digestione inacidisce il gusto,
che la vorace brama or gli divora. 96
Neanche il pensiero illimitato tanto
peccato riuscirebbe a immaginare!
Ebbra, la brama vomita il suo cibo
prima di contemplare il suo abbominio.
Mentre è nel suo rigoglio la lussuria
non v’è riprovazione che la freni,
finché, ronzino, non si sfianca sola.
Pallido e smunto allora, l’occhio greve,
ciglio aggrottato e passo senza forze,
il desiderio è un povero sconfitto,
e, mendicante in bancarotta, piange.
Forte la carne, brama sfida grazia,