Page 2188 - Shakespeare - Vol. 4
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ché il re è lo specchio, è la scuola, è il libro
               in cui il vassallo guarda, impara e legge.



               «Vuoi essere una scuola di lussuria?
               Impartirai lezioni di vergogna?
               Sarai uno specchio in cui il peccato è ammesso

               e tutelato contro il vituperio?
               Il nome tuo largirà premi all’onta?
               Così anteponi infamia a lunga lode,

               e prostituisci il tuo buon nome stesso.


               «In nome di chi t’ha dato il comando,             91

               comandi il cuore al tuo desio ribelle.
               Non tutelar l’infamia con la spada
               che t’è prestata onde estirparne il seme.

               Come obbedire al tuo regale officio
               quando il peccato sozzo potrà dire
               ch’è dal tuo esempio che a peccare ha appreso?



               «Pensa che scena immonda mai sarebbe
               vedere in altri il tuo misfatto. Spesso

               la colpa umana tale a sé non pare;
               il giudice, parziale, si nasconde
               ciò per cui manda a morte suo fratello.
               Oh, com’è avvolto nella propria infamia

               chi dal delitto suo distoglie gli occhi!



               «A te m’appello, a te, con mani alzate,
               e non al desiderio in cui confidi.
               Chiedo che la maestà esiliata torni,
               e licenzi i pensieri adulatori;

               egli imprigionerà la falsa brama,
               e spazzerà la nebbia dai tuoi occhi:
               visto il tuo stato, avrai pietà del mio».



               «Basta», fa lui, «quest’acqua incontrollata
               non fa che più gonfiarsi del ritardo.
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