Page 2187 - Shakespeare - Vol. 4
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«Risparmiami, lo sposo mio t’è amico.
               Rispetta il rango tuo, lasciami stare.
               Son debole, non tendermi tranelli.
               Non sembri un traditore, non tradirmi.

               Son vento che ti scaccia, i miei sospiri;
               se mai pianto di donna ha mosso l’uomo,
               ti muovano i miei gemiti e lamenti.



               «I quali, mare irato, dan l’assalto

               al cuor tuo, scoglio causa di naufragio,
               per farlo molle col continuo moto;
               ché si trasforma in acqua il sasso sciolto.
               Pietà! Se più del sasso non sei duro
               ti sciolga il pianto mio.      90  Porte di ferro

               sa schiudere la dolce compassione.



               «T’ho accolto pensandoti Tarquinio:
               gli hai preso il volto per disonorarlo?
               In nome delle schiere dei celesti,
               tu gli ferisci il principesco nome;

               tu non sei ciò che sembri, e se lo sei,
               quello che sei non sembri, un dio, un re:
               ché i re han da governare come dèi.



               «Se tanto vizio in te anzitempo sboccia,

               che messe mai raccoglierà l’età?
               Se tanto oltraggio osi in quanto erede,
               che mai non oserai, una volta re?
               Se il crimine del suddito rimane,

               quello del re non può venir nascosto
               neppure quando egli è tornato argilla.



               «Così verrai amato per paura,
               mentre il buon re è temuto per amore.
               Che criminale non dovrai scolpare

               se la sua colpa egli in te stesso scopre?
               Rinuncia, non foss’altro che per questo,
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