Page 2189 - Shakespeare - Vol. 4
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Un lume muore, ma un gran fuoco resta,
e il vento più lo fa infuriar di rabbia;
il fiume, che tributo quotidiano
di dolce acqua al re salato paga,
gli accresce i flutti, non gli cambia il gusto». 92
E lei: «Tu sei un mare, un re sovrano:
nera lussuria, onta, malgoverno,
si versan nel tuo immenso seno al fine
di insudiciar l’oceano del tuo sangue.
Se il bene in male qualche rivo muta,
tu, mare, sarai chiuso in una pozza,
e non la pozza sciolta dentro al mare. 93
«Gli schiavi saran re, tu re lo schiavo:
tu in basso, loro in alto; darai vita
a chi t’è tomba; tu per l’onta loro,
loro per il tuo orgoglio disprezzati;
che il piccolo non celi ciò ch’è grande:
il cedro non s’inchina innanzi a arbusti
che ignobili avvizziscono ai suoi piedi.
«Che i tuoi pensieri, servi del tuo rango...» −
«Basta», fa lui, «non voglio più sentirti. 94
Cedi al mio amore, oppure sarà l’odio,
e non l’amore timido, a sforzarti.
Dopo di che ti metto dentro al letto
di una qualche canaglia di stalliere,
per accoppiarvi nel destino infame».
Ciò detto mette il piede sulla torcia,
ché luce di lussuria è gran nemica,
e più tiranna è infamia quando, avvolta
dentro alla cieca notte, non è vista.
Balzato è il lupo sul belante agnello,
dal vello bianco 95 soffocato il grido
nel dolce ovile delle labbra muore.