Page 2184 - Shakespeare - Vol. 4
P. 2184
«Se vuoi rimproverarmi, ti precedo:
è la bellezza tua che t’ha insidiato,
ed ora hai da piegarti alla mia voglia,
che al suo piacer t’ha sulla terra scelto;
di tutto ho fatto per domarla, invano:
se biasimo e ragione l’uccideva,
la tua bellezza la resuscitava.
«So che tormenti ne deriveranno,
so di che spine s’armano le rose,
e di che aculeo si protegge il miele:
la mia ragione tutto ciò lo afferra.
Ma brama, sorda, amici non ascolta;
solo lei vede la bellezza, e contro
legge e dovere se ne infatua tutta.
«Nel profondo dell’anima ho discusso
che torto, onta e dolore seguiranno;
ma nulla può frenare il desiderio,
fermar la corsa della furia cieca.
So che verranno pentimento, pianto,
biasimo, sdegno, mortale inimicizia;
ma ad abbracciar l’infamia mia m’affretto».
La sua spada romana intanto leva,
che torreggiante come un falco in cielo
con ombra d’ali copre la sua preda,
e la minaccia col suo becco adunco.
Tal l’oltraggioso brando sull’inerme
Lucrezia che tremante ascolta, preda
che ha visto il falco e udito il suo sonaglio.
«Stanotte ti godrò», dice, «Lucrezia.
Se mi resisti, userò la forza,
e ti distruggerò sopra il tuo letto;
e poi ucciderò qualche tuo schiavo,
in modo da ammazzarti e onore e vita,