Page 2182 - Shakespeare - Vol. 4
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azzurre vene, pelle alabastrina,
nivee gote e labbra coralline.
Come il leone gioca con la preda,
già sazia di conquista la gran fame;
così guardando l’anima dormiente
calma Tarquinio la furiosa brama, −
l’attenua, non la spegne, ch’ella è accanto,
e l’occhio che il tumulto già sedava
di maggior furia gonfia or le sue vene.
Esse − come sbandati pronti al sacco,
sgherri feroci cui son dolci morte
e stupro, che né pianto di bambini
rispettano, né gemiti di madri −
si gonfiano in attesa dell’attacco.
Squilla pulsante il cuore e dà il segnale
di carica e saccheggio a volontà.
Il cuore incita l’occhio fiammeggiante,
cede il comando ora alla mano l’occhio;
la mano, insuperbita del suo rango,
fuma d’orgoglio e marcia a conquistare
il seno nudo, cuore del suo regno.
La mano scala, e il di lei sangue lascia
le tonde torri pallide ed affrante;
e accorre tutto nella quieta stanza
in cui risiede la governatrice;
qui le racconta del tremendo assalto,
spaurendola di grida. Stupefatta,
gli occhi serrati ella spalanca, ed essi,
spuntati ad osservare quel tumulto,
son sopraffatti dalla torcia in fiamme.
Oh, che terrore è l’incubo che sveglia
dal sonno dentro al cuore della notte,