Page 2179 - Shakespeare - Vol. 4
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ritorna in fretta donde sei venuto,
               son casti gli ornamenti di chi ami».



               Ma non lo ferman questi lievi veti,
               ch’egli traduce nel peggior dei sensi.
               Ciò che lo attarda, porte, vento, guanto,

               egli lo prende solo come prova;
               o il segno dei minuti sul quadrante
               che non arresta il corso alla lancetta,

               sicché ogni ora ha ciò che le è dovuto.


               «Son naturali questi intoppi», dice,

               «la primavera a volte è minacciata
               dal gelo, ma perché poi più si goda,
               e ancor più cantino i ghiacciati uccelli.

               Ciò ch’è prezioso con dolor s’acquista:
               pirati, secche, scogli e forti venti
               teme il mercante, che poi sbarca ricco».



               È giunto ora alla porta che dal cielo
               della sua mente sola lo divide,

               non più di un chiavistello lo separa
               dal benedetto oggetto cui aspira.
               Tanto l’ha pervertito l’empietà
               che per la preda sua prende a pregare,

               come se il cielo il fallo suo approvasse.



               Ma in mezzo alla sua sterile preghiera,
               sollecitate le potenze eterne
               che il suo buon bene il mal pensiero ottenga,
               ed esse sian benigne alla sua ora,

               s’arresta e dice, «Devo deflorare:
               e chi io prego aborre tale fatto;
               come m’assisteranno dunque a farlo?



               «Fortuna e amor, siate voi guida e dèi!
               Nel mio volere sono risoluto;
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