Page 2181 - Shakespeare - Vol. 4
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La gota, rosa, poggia sulla mano
che, giglio, al guancial ruba il giusto bacio;
ed esso, irato, si spalanca e gonfio
reclama d’ambo i lati il suo diletto: 82
sepolto il capo tra le due colline
giace ella, monumento di virtù,
che un impudico occhio profano ammira.
Sulla coperta verde era poggiata
l’altra sua mano, il cui perfetto bianco
pareva margherita sopra l’erba,
e una rugiada il suo sudor di perla.
Gli occhi, fiorranci, inguainano la luce,
e attendon sotto un buio baldacchino
di spalancarsi ad adornare il giorno.
D’oro, i capelli giocano col fiato;
modesti ed impudichi, mostran vita
trionfare nella mappa della morte,
e il volto della morte in mortal vita.
Tanto son belle entrambe 83 nel suo sonno
che par tra lor non vi sia guerra alcuna,
ma vita viva in morte e morte in vita.
Globi d’avorio nell’azzurro è il seno,
due mondi casti ancor non conquistati,
che sol del signor loro sanno il giogo,
cui fedeltà ed onore hanno giurato.
Ma altra ambizione nutrono in Tarquinio,
che ora s’appresta, usurpatore infame,
a cacciar via il padrone dal bel trono.
Poteva egli vedere e non notare?
Notar poteva e non desiderare?
Di ciò che vede egli si infatua tutto,
stanca di brama il suo bramoso occhio.
Con più che ammirazione egli rimira