Page 2178 - Shakespeare - Vol. 4
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In mente ha la di lei forma celeste,
               ma al tempo stesso anche Collatino.
               L’occhio che vede lei gli turba il senno,
               l’occhio che vede lui, più divino,

               a quella falsa vista non s’inchina,
               e puro cerca appello presso il cuore,
               che ormai corrotto sceglie però il peggio:



               ed incita le sue forze servili,       77

               che lusingate dall’allegro capo
               riempion la brama, sì i minuti l’ore;
               si gonfia il capitano,      78  e il loro orgoglio,
               servili più di quanto sia dovuto.
               Così da un’empia brama ormai condotto

               muove Tarquinio al letto di Lucrezia.



               Sforza ogni serratura si interponga
               tra stanza e desiderio, ma ciascuna
               ne biasima l’azione cigolando,
               e il ladro, furtivo, ha da ascoltarla.

               Scricchia la porta, sì che lui l’intenda;
               strillano le donnole al vederlo:         79
               lui si spaventa e nondimeno insiste.



               Mentre ogni porta cede a malincuore,

               da crepe e da fessure il vento assale
               la torcia per costringerlo a fermarsi,
               gli soffia il fumo in faccia e così estingue
               la guida sua; ma il suo bollente cuore,

               da folle desiderio arroventato,
               soffia altro vento e la sua torcia infiamma.



               E alla sua luce il guanto di Lucrezia
               scorge, ma un ago sta infilato in esso;
               mentre lo afferra dal canestro l’ago

               gli punge il dito, quasi come a dirgli:
               «Non è abituato a loschi trucchi il guanto,
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