Page 2174 - Shakespeare - Vol. 4
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perdere sé egli deve per se stesso.
               Se di sé non si può, di chi fidarsi?
               Quale straniero troverà egli giusto
               quando condanna egli da sé se stesso

               a infamia e giorni odiosi e disgraziati?



               È il cuore della notte, il sonno serra
               gli occhi ai mortali, non v’è alcuna stella,
               né altro rumore che di gufi e lupi

               che con le loro grida annuncian morte
               ai miti agnelli, ogni pensiero puro
               tace, ma la lussuria e l’assassinio
               si sveglian pronti a uccidere e violare.           70



               Balza dal letto Tarquinio, bramoso,

               gettandosi il mantello sulle spalle,
               mentre paura con desio combatte:
               l’uno lusinga, l’altra teme il danno.
               Ma la lussuria incanta la paura,
               che ormai sconfitta si ritira e cede

               al desiderio folle ed impetuoso.



               Batte piano la spada su una selce,
               e dalla fredda pietra trae scintille;
               la torcia accende che ora ha da guidare

               l’occhio lascivo ed alla fiamma parla:
               «Come da fredda selce questo fuoco
               a forza ho suscitato, così anche
               Lucrezia forzerò alla mia brama».



               E bianco di paura va pensando

               ai rischi della sua odiosa impresa:
               tra sé dibatte che dolore possa
               seguirne, e con sguardo disdegnoso
               va disprezzando la corazza nuda

               della lussuria sempre ancora uccisa;             71
               così equo frena la sua iniqua mente:
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