Page 2175 - Shakespeare - Vol. 4
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«Spegniti, torcia, per non oscurare
               colei che più di te risplende; muori,
               empio pensiero, prima di macchiare
               della sporcizia tua ciò ch’è divino;

               sia offerto incenso puro a un puro altare.
               Aborra il giusto ciò che insozza il niveo
               abito casto di cui veste amore.



               «Armi e cavalleria disonorate!

               Infamia sulla tomba dei miei avi!
               Sacrilegio ch’ogni empietà racchiude!
               Un soldato reso schiavo del capriccio!
               Vero rispetto abbia il valore vero.          72
               Tanto meschino e vile è il mio misfatto

               che vivrà inciso sul mio stesso volto.



               «Anche morissi, lo scandalo vivrebbe,
               infame macchia sul mio stemma d’oro
               che marcherà sventura sul blasone
               raffigurandovi la mia follia;

               onde ne sia infamata la mia prole,
               mi maledica le ossa e abbia per pio
               desiderar non nato il padre suo.



               «Se ottengo ciò che cerco vinco un gaudio

               più breve di una schiuma, un soffio, un sogno.
               Per gioia d’un istante pianger giorni?
               Vender l’eternità per un trastullo?
               Buttar la vigna per gustare un chicco?

               Che idiota, per sfiorare la corona,
               si lascerebbe abbatter dallo scettro?



               «Se Collatino sogna del mio intento
               non correrà di fretta qui infuriato
               per prevenire il mio progetto infame? −

               assedio che gli stringe il matrimonio,
               oltraggio a gioventù, dolore al saggio,
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