Page 2160 - Shakespeare - Vol. 4
P. 2160
Ché, morto lui, morrebbe la bellezza,
e, morta lei, ritornerebbe il Caos. 51
«Tu temi, sciocco amor, come chi oppresso
dal suo tesoro vede attorno ladri;
ti turba il cuore vile un’ombra falsa
che non conferma l’occhio né l’orecchio».
Mentr’ella parla sente un gaio corno,
e da prostrata ch’era balza in piedi.
Come al richiamo 52 il falco, così vola,
il passo lieve sì ch’erba non piega;
ma mentre corre scorge la sua gioia
in preda del cinghiale; l’occhio ucciso
da ciò che vede smuore come smuore
stella pudica quando sorge il sole.
Come ritrae le corna la lumaca,
quando toccata rientra nel suo guscio,
e a lungo giace all’ombra intimorita
prima di risbucare fuori ancora;
così alla vista sanguinosa l’occhio
le affonda dentro il buio della testa.
Lì si dimette e cede la sua luce
alla turbata mente, che gli ingiunge
compagnia eterna con orrenda notte,
ché più la vista non ferisca il cuore,
che come re turbato sul suo trono
geme all’udire ciò che l’occhio annuncia;
ne trema il regno intero, come quando
il vento, imprigionato nella terra,
cerca d’uscire e la sconquassa tutta, 53
ed ogni uomo agghiaccia di terrore.
Tant’è il tumulto che di nuovo gli occhi
le balzan fuori dall’oscuro letto;