Page 2157 - Shakespeare - Vol. 4
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battendo in terra la superba coda,
               perdendo sangue e con le orecchie rotte.



               Come di fronte a apparizioni, segni,
               prodigi, l’abitante della terra
               li guarda a lungo, gli occhi sbigottiti,

               e in loro infonde profezie tremende;
               così ella innanzi a questi inspira a fondo,
               ed espirando morte vilipende.



               «Tiranna orrenda e smunta, dell’amore
               ripudio odioso», così sgrida morte,

               «perché, spettro ghignante, verme, strozzi
               bellezza e fiato rubi a lui che, vivo,
               fiato e bellezza a rose e viole dava,

               ché splendan quelle, e queste dian profumo?



               «Se è morto... − no, vedendo quanto è bello
               come avresti potuto tu ammazzarlo?
               O invece sì, perché sei priva d’occhi,
               e a caso tu colpisci odiosamente;

               miri a vecchiaia, ma il tuo infido dardo
               sbaglia bersaglio e stronca un cuor fanciullo.



               «L’avessi avvisato, t’avrebbe parlato,
               e come udirlo senza perder forze?
               Ti esecreran le Parche, che gramigne,

               non fiori t’hanno detto di falciare;
               l’aurea freccia d’amor dovea colpirlo,
               e non il dardo d’ebano di morte.



               «Lacrime bevi, che tal pianto causi?

               Ti giovan forse i gemiti? A che getti
               nel sonno eterno gli occhi che a vedere
               ad ogni altr’occhio insegnano? Natura
               la forza tua mortale ormai non teme,
               ché l’opera miglior già le hai distrutto».
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