Page 2148 - Shakespeare - Vol. 4
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ma se ti piglia − orror! − ne farà scempio,
come col grugno egli devasta il prato.
«Lascialo dentro alla sua immonda tana;
che ha a che veder bellezza con tal mostro?
Perché cercarne il rischio a bella posta?
Gli amici ascolta chi non vuol suo danno.
Al solo nome del cinghiale, giuro,
per te ho temuto ed ho tremato tutta.
«Non m’hai visto la faccia? Era o no bianca?
Non c’era del terrore nel mio occhio?
Non son svenuta e stramazzata a terra?
Nel seno mio, sul quale adesso giaci,
il cuor presago batte ed ansa inquieto,
sì che ti scuote come un terremoto.
«Dove amor regna, l’apprensione 37 inquieta
chiama se stessa guardia dell’affetto;
dà falsi allarmi, semina rivolta,
e mentre pace regna grida “Ammazza!’’
turbando a amor gentile il desiderio,
come aria ed acqua soffocano il fuoco.
«Spia intrigante e tristo delatore,
cancro che mangia germogli d’amore,
l’apprensione pettegola e maligna,
che a volte dice il vero ed altre il falso,
mi bussa al cuore e mormora all’orecchio
che se io t’amo, ho da temer tu muoia.
«O peggio, mi presenta innanzi agli occhi
la forma d’un verro infuriato e schiumante,
e poi, riverso sotto le sue zanne,
qualcuno come te, tutto ferito, 38
e il sangue sparso sopra i freschi fiori
li incurva dal dolore e li reclina.