Page 2143 - Shakespeare - Vol. 4
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Le torce il naso, batte le sue gote,
le piega i diti, le comprime i polsi,
le sfrega i labbri, in mille modi tenta
di riparar ciò che i suoi sgarbi han fatto;
la bacia, ed ella, di sua volontà,
mai s’alzerebbe, sì che ancor la baci.
È giorno ormai la notte del dolore,
le due finestre azzurre ella socchiude:
tale il bel sole quando in fresche vesti
saluta il giorno e la terra ristora;
come il sole dà luce e gloria al cielo,
così l’occhio di lei le accende il viso,
e coi suoi raggi fissa un volto glabro,
come di lì attingesse il suo fulgore.
Quattro tal lumi mai si sarien visti,
s’egli col ciglio i suoi non nascondesse;
ma lucon di tra un pianto di cristallo
quelli di lei, luna sull’acqua a notte.
«Oh, dove sono», dice, «in terra o in cielo?
Sto immersa nell’oceano o nel fuoco?
Che ora sarà, mattino oppure sera?
Ho bramosia di vivere o morire?
Vivevo e vita era noiosa morte,
muoio e la morte ora m’è gioia viva.
«Tu che m’ammazzi, ammazzami di nuovo!
Duce degli occhi tuoi, il tuo duro cuore
tanto disdegno comandava ad essi
che il misero mio cuore m’hanno ucciso.
Senza i pietosi labbri tuoi i miei occhi,
guide fedeli, mai più avrebber visto.
«Possan baciarsi a lungo, per tal cura!
La loro livrea rossa mai si sciupi!