Page 2146 - Shakespeare - Vol. 4
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Avesse rinunciato innanzi ai bronci,
mai tale ambrosia avrebbe ella succhiato;
l’amante ignora bronci e aspre parole;
la rosa ha spine, eppure viene colta:
serra bellezza con venti serrami,
amore irrompe e li scassina tutti.
Con la pietà non può più trattenerlo, 36
e il poveretto prega di lasciarlo:
ella decide di non sequestrarlo,
saluta e raccomanda il proprio cuore,
che, giura lei per l’arco di Cupido,
egli si porta via ingabbiato in petto.
«Bimbo mio», dice, «penerò stanotte,
il cuore infranto impone veglia agli occhi;
sire d’amor, di’, ti vedrò domani?
Eh? Ci vediamo, ci mettiam d’accordo?»
No, dice lui, domani vuol cacciare
il cinghiale assieme a certi amici.
E lei: «Il cinghiale!», e subito un pallore,
siccome velo sopra rossa rosa,
ne usurpa il viso; trema alla notizia,
e ancor gli aggioga con le braccia il collo,
e sempre appesa al collo crolla a terra,
lei sulla schiena, lui sopra di lei.
Nella lizza d’amor eccola infine,
campione in sella e pronto al caldo scontro:
ma ciò che prova è solo fantasia,
ché pur in sella, lui non la cavalca;
di Tantalo peggiore è la sua pena:
stringere Eliso e non cavarne gioia.
Povero uccel, ch’uva dipinta inganna,
e ingozza l’occhio, mentre affama il ventre!