Page 2141 - Shakespeare - Vol. 4
P. 2141

È un debito eccessivo, che rifiuto;
               l’amor mio è amore di beffare amore;
               perché m’han detto che è una vita in morte,
               in cui si ride e piange al tempo stesso.



               «Chi indossa vesti informi e non finite?

               Chi strappa il boccio prima che dia foglie?
               Se ciò che cresce viene mutilato,
               verde appassisce e non varrà più nulla:

               il puledro montato troppo presto
               perde l’orgoglio e più non si rafforza.



               «Scostati, mi fai male alla mano,
               son chiacchere su un tema ozioso, smetti,
               togli l’assedio al mio valente cuore,

               non aprirò la porta a urti d’amore.           31
               Basta voti, lusinghe e falso pianto:
               non fanno breccia, quando il cuore è duro».



               «Ma come!», dice lei, «parli, hai la lingua?
               Oh, non l’avessi, oppure fossi sorda!

               Sirena, tu m’incanti doppiamente;
               prima era un peso, adesso è un macigno:
               discorde melodia, stridor celeste,
               dolce all’orecchio e lacerante al cuore.



               «Fossi cieca, l’orecchio t’amerebbe

               per la beltà invisibile e interiore;
               sorda, il tuo esterno muoverebbe i sensi
               ancora vivi in me. Se non avessi
               occhi né orecchi per vedere e udire,

               già al solo tatto t’amerei comunque.



               «Mancasse anch’esso e non potessi dunque
               vedere, né sentire, né toccare,
               ed altro non restasse che l’olfatto,
               l’amore mio per te non scemerebbe:
   2136   2137   2138   2139   2140   2141   2142   2143   2144   2145   2146