Page 2133 - Shakespeare - Vol. 4
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tanto è leggero amor, dolce fanciullo;
               hai da pensarlo grave solo tu?



               «Hai il cuore innamorato del tuo volto?
               Vagheggia la tua destra la sinistra?
               Corteggiati e disdegnati da solo,

               rubati e piangi la tua libertà!
               Così Narciso abbandonò se stesso,
               e per baciarsi l’ombra s’annegò.



               «Splenda la torcia, la gemma sia indossata,
               gustato il cibo, bellezza posseduta,

               profumi l’erba, l’albero dia frutti;
               crescer per sé di crescita è abuso.           19
               Si riproduce il seme, e la bellezza;

               tu, generato, devi generare.



               «Dei frutti della terra a che ti nutri,
               se dei tuoi frutti essa non vien nutrita?
               Generare t’è legge di natura,
               che la tua viva quando tu sei morto;

               così malgrado morte avrai ancor vita,
               ché la sembianza tua rimane viva».



               Col che prese a sudare la regina
               ebbra d’amor, ché l’ombra li ha lasciati;
               Titano, esausto dal calor diurno,

               sguardi roventi versa su di loro:
               vorrebbe Adone a guida del suo carro,
               e al posto suo, con Venere, se stesso.



               Ed ora Adone, con gestire pigro,

               sguardo abbuiato, grave, infastidito,
               ciglio aggrottato che gli copre gli occhi,
               siccome nebbia quando vela il cielo,
               esclama disgustato, «Basta amore!
               Mi brucia il volto il sole, devo andare».
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