Page 2132 - Shakespeare - Vol. 4
P. 2132
amor fa festa ove non s’è che in due;
gioca, coraggio!, il gioco non si vede;
le viole, vene azzurre, su cui giaci
né tradiran né sanno che facciamo.
«L’erbetta sul tuo labbro tentatore
ti mostra acerbo, eppure da gustare.
Afferra il tempo, ché il vantaggio fugge;
bellezza entro di sé non va sprecata. 17
Il fiore non raccolto quand’è fresco
marcisce, ed in breve si consuma.
«Fossi rugosa, brutta, mal dotata,
gobba, screanzata, rauca, grossolana,
fredda, reumatica, spregiata, sfatta,
sterile, magra, miope, senza sugo,
sdegnarmi ben potresti, a te non atta;
ma se pecche non ho, perché m’aborri?
«Non una ruga puoi vedermi in fronte,
gli occhi li ho azzurri, splendidi, vivaci,
la mia bellezza è un maggio, si rinnova,
caldo ho il midollo, e carne molle e piena;
l’umido, liscio palmo mio, a toccarlo,
ti si sfarrebbe in mano, liquefatto.
«Fammi parlare, incanterò il tuo orecchio;
come una fata volerò sui prati;
sciolta la lunga chioma, senza impronte
danzerò sulla sabbia, come ninfa.
Tutto di fuoco fatto è spirto amore
che lieve vola, e non affonda grave.
«Guarda le primule su cui son stesa:
esili fiori, reggon come tronchi; 18
con due colombe volerei in cielo,
da mane a sera, dove più m’aggrada: