Page 2128 - Shakespeare - Vol. 4
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VENERE E ADONE EN
Appena il sole, il volto imporporato,
si congedò dalla piangente aurora,
s’affrettò Adone, gote rosa, a caccia;
la caccia ama, l’amore lo deride.
Venere, ossessa, gli si getta addosso
e, spudorata, prende a corteggiarlo. 7
«Pulcro tre volte me», così comincia, 8
«fiore regale, dolce senza pari,
ombra alle ninfe, bello sovrumano,
più bianco e rosso che colombe e rose;
natura, che nel farti s’è sconfitta,
dichiara che con te termina il mondo. 9
«Dal tuo destriero smonta, oh meraviglia,
legagli il collo altero sull’arcione,
se mi concedi il dono, come premio
mille segreti dolci apprenderai:
siediti qui, dove mai soffia serpe,
siedi, che ti soffocherò di baci.
«Ma non ti stuccherò le sazie labbra,
anzi le affamerò nell’abbondanza, 10
e rosse e esangui le farò svariando;
brevi come uno dieci baci, uno
lungo venti: un giorno sarà un’ora,
speso ingannando il tempo dell’estate».
Col che gli afferra il palmo sudaticcio,
indice di forza e d’energia, 11