Page 2108 - Shakespeare - Vol. 4
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nei primi diciassette sonetti, cosiddetti “matrimoniali”. Ma Hughes coglie
anche «un autentico legame soggettivo tra l’amore espresso nei Sonetti dal
18 al 126 e l’amore espresso dalla figura di Venere». D’altronde già Muriel
Bradbrook aveva colto i chiari rapporti che legano Adone al giovane dei
Sonetti − il che implica, naturalmente, che ve ne siano di altrettanto chiari
tra Venere e Shakespeare. Ma il fatto che Venere “sia” in qualche modo
Shakespeare non impedisce che Shakespeare “sia” anche in qualche modo
Adone, e che il disgusto di quest’ultimo per la «lussuria» di Venere trovi
riscontro nei sonetti della dark lady e nel già citato sonetto 129. Nei Sonetti il
medesimo soggetto vive l’amore sia come delizia e forza generativa semi-
sacra, sia come repellente lussuria; in Venere e Adone questo medesimo
conflitto intra-personale è trattato in forma inter-personale. Da questo punto
di vista Shakespeare “è” dunque sia Venere che Adone, e i personaggi del
poemetto drammatizzano oggettivamente dei conflittuali sentimenti
soggettivi. Hughes, che in Venere e Adone vede il nucleo genetico della
futura produzione shakespeariana, ritiene giustamente che il comprenderlo
sia di fondamentale importanza per spiegare «come i suoi drammi, così
oggettivi nella loro esistenza mondana, siano poi così soggettivi nella loro
essenza, e come il suo linguaggio pubblico riesca a comunicare una così nuda
ed intima corrente di sentimento privato».
Per quanto ci riguarda, il comprenderlo può aiutarci a spiegare come risulti
intimamente impossibile decidere se Venere e Adone sia comico oppure
tragico, leggero oppure profondo, un inno alla Carne oppure un
ammonimento contro la Lussuria: il poemetto è un mixtum in cui tutti i
termini di queste antitesi sono simultaneamente veri, ma veri solo fin tanto
che l’antitesi viene mantenuta. Introducendo nella sua storia un conflitto
sessuale che in Ovidio non era presente, Shakespeare ha fatto qualcosa di più
che produrre un sicuro effetto comico − anche se questo “di più” passa
precisamente e innanzitutto attraverso la comicità. La serietà del poemetto è
dunque del tutto inseparabile dalla sua leggerezza. Come nota Keach,
«Shakespeare riesce a intensificare i conflitti potenzialmente disturbanti del
racconto di Ovidio, e al tempo stesso a sfruttare, come nessun altro prima di
lui aveva fatto, le possibilità comiche, satiriche ed erotiche del mito».
Quell’alterazione innanzitutto comica della fonte ovidiana si tira dietro delle
conseguenze profonde e si traduce in una struttura antitetica e bipartita
gravida di significati che, tota in toto, informa il poemetto tanto nel suo
assieme che nei suoi più minuti dettagli.
Non a caso, la figura retorica di cui è intessuta la stoffa dell’intero poemetto