Page 3039 - Shakespeare - Vol. 3
P. 3039
A chi cerca qualcosa
migliore di te, condisci il palato
col tuo veleno più potente. Che c’è qui?
Oro? Giallo, splendente, prezioso oro?
No, dei, non infrango il mio voto.
Datemi radici, chiari cieli!
Tanto di questo renderà bianco
il nero; bello il brutto; giusto
l’ingiusto; nobile il vile; giovane
il vecchio; coraggioso il codardo. Ah!
Voi dei! Perché questo?
Che cosa è questo, dei? Ebbene,
questo strapperà sacerdoti e servi
dal vostro fianco, ucciderà coi cuscini 30
uomini vigorosi. Questo giallo verme
unirà e sfalderà religioni, benedirà
i maledetti, farà adorare la lebbra
canuta, premierà i ladri con titoli,
riverenze e lodi e con gli scanni
dei senatori. Questo è ciò
che fa rimaritare la vedova stantia:
davanti a lei vomiterebbero
l’ospedale e le piaghe ulcerose, ma costui
la imbalsama e profuma e di nuovo la dona
al giorno d’aprile. Vieni, pezzo di terra
dannata, tu puttana dell’umanità
che getti discordia tra la feccia delle nazioni,
ti farò agire secondo la tua natura.
[Marcia in lontananza]
Ah! Un tamburo? Sei vivo, ma io
ti seppellisco. Camminerai ancora, ladro
robusto, quando i tuoi gottosi custodi
non staranno più in piedi. No, tu
rimarrai fuori come prova.
[Tenendosi un po’ di oro]
Entra Alcibiade, con pifferi e tamburi, in assetto di guerra; con lui, Frine e
Timandra.