Page 3037 - Shakespeare - Vol. 3
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FLAVIO
Buoni amici tutti, ciò che resta
del mio denaro lo divido con voi.
Dovunque ci incontreremo, per amore di Timone,
restiamo amici. Scuotiamo il capo
e diciamo, come un rintocco sulle fortune
del nostro padrone: “Abbiamo visto
giorni migliori”. Ognuno ne prenda un po’.
[Dando loro del denaro]
Tendete la mano. Nessuna altra parola:
così, separandoci poveri, ci separiamo
ricchi di dolore.
[Si abbracciano e si separano, prendendo direzioni diverse]
Oh, la crudele miseria che ci porta il fasto!
Chi non vorrebbe essere libero dalla ricchezza,
se la ricchezza conduce all’infelicità e al disprezzo?
Chi vorrebbe essere così beffato dal lusso,
o vivere in un mero sogno d’amicizia,
con lo sfarzo e tutto ciò che forma il rango
solo dipinti come i suoi amici verniciati?
Povero onesto signore, gettato
in basso dal suo stesso cuore, rovinato
dalla bontà; strano, raro
sangue, se il peccato più grave è quello
di fare troppo bene. Chi osa allora
tornare a essere per metà così buono?
La generosità, che fa gli dei, distrugge
l’uomo. Carissimo mio signore,
benedetto solo per essere
più maledetto, ricco soltanto
per essere sventurato − le tue vaste fortune
diventano le tue afflizioni più grandi.
Ahimè, il mio signore gentile è fuggito infuriato
da questa ingrata dimora di amici mostruosi
né ha con sé tanto da vivere, o alcun mezzo.
Vado a cercarlo. Sempre lo servirò
come meglio potrò. Finché ho dell’oro
rimango il suo intendente.